Casta Diva, resoconto delle esibizioni del 11/05 e del 18/05: un viaggio nell’opera… col sorriso!

Due spettacoli per riscoprire la figura femminile nell'opera italiana

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Applausi per Mad for Opera
Applausi per Mad for Opera

Due spettacoli per riscoprire la figura femminile nell’opera italiana

L’opera rivive nel centro di Piacenza: tra nuovi spettacoli e recupero di partiture della biblioteca del Nicolini

Casta Diva

Si sono appena concluse due domeniche dedicate al progetto Casta Diva, finanziato dall’Unione Europea e volto alla collaborazione per la creazione di una piattaforma digitale multilingue che raccolga ricerche e produzioni relative al ruolo femminile all’interno della tradizione del teatro musicale italiano

Il Conservatorio di Piacenza ha prodotto e messo in scena due spettacoli: Mad for Opera (11/05 al Teatro Filodrammatici e 12/05 all’Auditorium del Conservatorio) e il Dittico di Lauro Rossi (18/05 al Teatro Municipale). 

Due lavori estremamente differenti, ma caratterizzati da un approccio divertito e divertente alla tradizione del teatro musicale italiano che coniuga il sorriso al rispetto per la tradizione: ne escono due produzioni che sono state apprezzate sia dagli estimatori della cultura operistica, che vi hanno ritrovato le grandi arie del passato e la bravura degli interpreti (e di chi li dirigeva), ma anche dal pubblico meno avvezzo all’Opera che è stato accattivato da una cornice divertente. 

Mad for Opera

Il primo spettacolo, Mad for Opera, viaggio terapeutico da Didone a Tosca, con testo di Stefano Valanzuolo, regia di Roberto Recchia e coordinamento artistico di Patrizia Florio usa un espediente comico-realistico per mettere in scena un’antologia operistica che prende a piene mani dai nomi sacri della tradizione (Puccini, Mozart, Donizetti, Puccini, Verdi, Rossini).

Una donna toscana, interpretata dalla celebre attrice Pamela Villoresi, organizza un casting a Shenzhen per scegliere chi potrà essere nel cast di un’esibizione della Turandot… ma con qualche problema di lingua! 

La donna si ritrova infatti sola in un Paese lontano da casa e dialoga (o meglio, monologa, visto che sulla scena compare solo la sua voce) costantemente al telefono con l’unica persona che parla la sua lingua, il marito che però non la raggiunge, malgrado i suoi numerosi inviti (“ci sono anche i ristoranti italiani, la pizza all you can eat… ma la mozzarella è un po’ così”, dice lei). La Villoresi sciorina una battuta dopo l’altra con pronuncia toscana e ironia ed il pubblico reagisce con sonore risate

E così vengono rievocati ricordi e incidenti assurdi, in un contrappunto tra l’ironico della cornice nella quale sono inserite le arie e il rispetto della tradizione canora.

Inoltre, ogni aria diventa l’occasione, per il personaggio della Villoresi, per ritrovare quei caratteri tipici dell’opera nelle situazioni della vita delle varie cantanti, per esempio la ragazza tradita e abbandonata (“un classico”, dice lei).

Intanto, lo spazio è utilizzato tutto, attraversato e tridimensionale: lo spettacolo, pur svolgendosi in una sola “location”, la stanza dove avviene il casting, risulta tutt’altro che statico, tra chi taglia una mela cantando e chi spazza, con cantanti che si spostano, corrono e muovono leggii, alternandosi. 

Le uniche due figure fisse risultano essere le colonne portanti dello spettacolo: la Villoresi, appunto, protagonista, che osserva e commenta, implacabile, e l’impeccabile pianista Roberto Cancemi.

La rappresentazione finisce per diventare una metaopera, che permette di entrare nel “dietro le quinte” del casting musicale.

Per la verità, tra la scelta delle arie rientrano anche due scelte contemporanee, a dimostrazione del fatto che la tradizione italiana dell’opera è in continua evoluzione: l’aria di Lucida da Lucida degli specchi, di Roberto Solci, direttore del Conservatorio e Medea e il doppio di Barbara Rettagliati.

Quest’ultima è un vero e proprio tuffo nel dionisiaco, tra sprazzi di note, accordi e abissi interiori evocati dal registro basso del pianoforte. Un’aria che è come un gorgo, che si avviluppa in un vortice di tensione. Con una vocalità che si alterna tra strappi in alto e tuffi gorgoglianti ed una voce che contrappunta le parole che vengono cantate dalla cantante scandendole.

Ne esce uno spettacolo che vive di contaminazioni culturali (i selfie scattati sul palco e che sono parte della sceneggiatura durante l’aria di Roberto Solci), ma anche linguistiche, come quando la Villoresi dice “tesoro, change your outfit!” ad una cantante. Ne esce l’idea che il teatro musicale sia più vivo che mai e che anzi si cibi proprio di quella contemporaneità che non ci aspetteremmo di trovare sul palco di un teatro.

Pamela Villoresi Mad for Opera
Pamela Villoresi in un momento di Mad for Opera

Lauro Rossi

Il secondo spettacolo, il dittico di Lauro Rossi (1810-1885) del 18/05 invece consiste nella ripresa di due opere di unico atto dimenticate, Lo zigaro rivale (dove zigaro singifica sigaro) e Un maestro e una cantante, entrambi della metà degli anni ’60 dell’Ottocento.

Il progetto di allestimento delle opere di Lauro Rossi è stato seguito Anthony Barrese, Direttore artistico dell’Opera Southwest impegnato nel “Masterworks Revival Series” con il quale indaga e recupera il repertorio lirico italiano sconosciuto del passato. 

E proprio dalla Biblioteca del Nicolini emergono un’ottantina di opere di compositori del secondo Ottocento, tra cui manoscritti autografi e materiali di lavoro, che permettono uno sguardo privilegiato sul mondo dell’impresa melodrammatico ottocentesca. Questi materiali, raccolti, analizzati e trascritti per la messa in scena e l’allestimento hanno permesso di ricavare la messa in scena delle due opere.

Con la partecipazione di numerosissime/i cantanti: Sohyun Im, Huizen Chen, Sohye Lee, Jiyoon Lee, Ziyu Liu, Yuning Xu, Yihang Cao, Hansol Kim, Eunchan Lee, Jihye Kim, Enshi Wang, Corina Baranovschi, Zelu Liu, Jisoo Han, Zixuan Xu, Chiara Biondani, Linbo Liu, Maike Chen, He Hu.

Lo zigaro rivale

La prima opera è basata su un dubbio di tradimento: Timoleone sospetta che la moglie, sposata da poche settimane, lo tradisca, poiché esce spesso con fare misterioso e la casa puzza di fumo. In realtà, la moglie, donna moderna, forte e ribelle rispetto alle società dell’epoca, si dedica al piacere del fumo: quando nel finale viene scoperta dal marito con un sigaro in mano, allora anche lui si propone di dedicarsi a quell’attività assieme lei. 

Un maestro e una cantante 

Un’opera dal carattere buffo e irriverente che sorride dei vizi dei maestri di canto, tra vanità, furti di melodie e buffe teorie sul canto (cantare con un solo polmone) in una critica a quell’ambiente nel quale lo stesso autore, Lauro Rossi, si muoveva. 

Una celebre cantante si presenta dal maestro per una lezione su come cantare la canzone popolare di Napoli e dopo qualche buffa situazione, tra incomprensioni e pronunce approssimative, tra i due nasce una certa complicità!

Entrambe le opere sono state suonate dall’Orchestra sinfonica “Antonino Votto” del Conservatorio Nicolini, diretta da Giuseppe Camerlingo, con regia di Roberto Recchia e con coordinamento artistico di Patrizia Florio.

L'Orchestra sinfonica "Antonino Votto" del Conservatorio Nicolini
L’Orchestra sinfonica “Antonino Votto” del Conservatorio Nicolini

La prima opera ha visto Jisoo Han nel ruolo di Susanna, Enshi Wang in quello di Timoleone e Chiara Biondani nelle vesti di Genoveffa.

La seconda opera ha portato sulla scena Shuaike Gao, il maestro, e Hansol Kim, la cantante.

Gli applausi per il Dittico di Lauro Rossi
Gli applausi per il Dittico di Lauro Rossi
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