Cinco Perro | Il mix di folk latino americano ed elettronica di Mauro Titanio

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Come spesso succede a volte si incontrano progetti, suoni, artisti e poi ovviamente persone, dal niente. Così ci è successo per Cinco Perro, l’idea musicale di Mauro Titanio.
Da un like su Instagram abbiamo scoperto un mondo di suoni elettronici mischiati a quelli tradizionali proveniente dall’altra parte del Mondo, più precisamente dal Sud America.

Un’unione di sound che abbiamo voluto approfondire direttamente con Mauro, attraverso parlando della nascita del progetto, la curiosità che solleva un mix così particolare, passando anche attraverso il suo viaggio in Messico.

Partiamo da una presentazione?

Sono Mauro Titanio e da sempre sono affascinato dalla cultura meso e latinoamericana. La prima idea abbozzata del progetto c’è stata un 2-3 anni fa più o meno, quando ho partecipato al mio primo Tendenze Festival. È lì che è nato Cinco Perro.

Da cosa è nato tutto?

Ho portato un set che miscelava musica etnica ed elettronica, l’idea stava prendendo forma. Dopodichè ho fatto un lavoro di ricerca sulla “nuova” scena elettronica che comprende le zone del Mondo di mio interesse e ci ho trovato un sacco di materiale interessante. Per ultimo, mi son concesso un viaggetto di 2 mesi in Messico, sfruttando l’occasione di aver la ragazza là per un dottorato di ricerca in un pueblo rurale vicino a Tepztlán. Ho avuto l’opportunità di entrare in maniera diretta in contatto con il folklore e la cultura preispanica, partecipando a Temazcal a tipici rituali.

Ovviamente, anche esulando dalla musica, siamo curiosi di sapere di questi mesi in Messico!

Il viaggio è stato un po’ il nodo che ha chiuso il percorso di “formazione”. Sono rientrato da poco in Italia con l’intento di portare attraverso un dj set che appunto fonde le ritmiche della cumbia, dei tamburi sciamanici, i canti antichi con l’elettronica, per raccontare un po’ come è stata la mia esperienza di contatto con determinate realtà, per far ballare, divertire e viaggiare un po’ con la mente sognando posti fantastici.

Le radici di questa esperienza dove le troviamo?

Dall’interesse per la musica elettronica unita a quella etnica. I lavori di riferimento sono diversi, tra cui i Clap clap anche se in un contesto territoriale un po’ diverso da quello che prendo io, infatti sono più africani. Io invece sono più verso l’America e infatti ho scelto di andare a scoprire di persona il movimento elettronico che si faceva lì. Anche perché la maggior parte degli artisti che propongono musica come la mia, sono soprattutto cileni, messicani, argentini.

Come si bilanciano suoni così diversi?

Non è facile e stimo molto chi ci riesce, anche se alla fine nonostante le difficoltà di unire suoni diversi, si parla sempre di musica. Un esempio che sicuramente riesce in questa commistione sono i Dengue dengue dengue, che hanno da un lato brani carichi di sample, ma dall’altro si portano sempre dietro i musicisti veri e i percussionisti.

Torniamo al Messico: lì che musica hai trovato?

Tantissima cumbia e molto reggaeton. La cosa curiosa è che nelle strade c’è sempre musica in ogni dove, anche i negozi mettono fuori le spie in modo molto abusivo. C’è sempre musica ovunque. Ho girato due mesi in Messico passando da Teoztlàn, poi nella zona del Morelos, poi avvicinando a Puerto Escondido verso il Caribe. Ho trovato nei club, che poi lì non sono club, un commistione di musica etnica, legata alla tradizione cumbiera, alla nuova espressione elettronica. Per me è stato come prendere coscienza di quello che già pensavo.

In Italia dove trovi riprodotti quei suoni?

Qua da noi non c’è un vero e proprio posto che saprei identificare. Sicuramente però è una cosa che si trova sempre più nei vari festival, dove la partecipazione del pubblico è molto alta ad esempio per un artista come Kin Coia. È qualcosa che sta attirando tanto l’attenzione. A livello italiano si fa un po’ più fatica anche se a livello radiofonico, tipo Musical Box su Radio2, qualche passaggio c’è stato. Per un discorso prettamente commerciale è musica che forse si presta poco, ma come in paesi come Francia, Germania, Spagna in particolare per la lingua, queste cose già girano molto.

Prima di arrivare a questo mix di suoni, qual è stato il tuo percorso?

Ho avuto ascolti decisamente differenti in vari periodi della mia vita. Sono partito come proggrer, soprattutto tanto prog italiano, comunque sempre tanta musica e anche tanto cantautorato. Oltre a questi però mi piace sempre conoscere cose nuove, perciò non rimango focalizzato su una unica cosa. Sicuramente però la base più forte è quella del prog italiano, un nome ad esempio è quello di Lino Capra Vaccina, anche se poi non c’entra nulla con quello che vado a fare adesso.

Il prossimo passo di questo progetto?

Beh è quello, appena è possibile, di andare a fare un altro giro in America latina per raccogliere più materiale possibile, e portare in giro un’esperienza, un qualcosa di nuovo che però può essere interessante.

Dal punto di vista della produzione, come si fondono le due cose?

Adesso puoi raccogliere migliaia di sample su internet e pescare quello che ti serve e modificarlo come vuoi perché l’elettronica ce lo permette, poi certo la registrazione diretta in studio di elementi percussivi, piuttosto che chitarre, ha risultati molto diversi. Poi però ad oggi si può registrare in qualsiasi contesto e anche a distanza, perciò non è limitante la lontananza di registrazione rispetto a dove quei suoni nascono, anzi, il fattore di conoscere ma non vivere quella particolare cosa o situazione, fa lavorare l’immaginazione anche in quel senso.

Ah ma dimenticavo: ma Cinco Perro per cosa sta?

È semplicemente una sorta di segno nel calendario azteco che identifica un numero, cinco, e una entità, perro, ossia un cane. Tutto qua.

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