Con “Da punto a capo” arriva Morrywood 2.0

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Era tanto tanto tempo che non incontravamo Morrywood. Forse, a memoria, l’ultima volta è stato in una sera di fine 2015 per un live vicino San Nicolò. Oggi lo incontriamo di nuovo, e almeno esternamente non è cambiato: energico, frenetico e loquace; però invece un cambiamento sembra proprio esserci stato nel suo modo di vedere e fare musica.

Proprio questo cambiamento è quello al centro della lunga premessa (da cui lo scrittore ha voluto togliere riferimenti diretti perché non avrebbero influito sul racconto. Ndr) che “Morry” ha voluto fare prima di parlare del motivo di questo incontro e cioè l’uscita del nuovo album che si chiamerà “Da punto a capo”, anticipato solo pochi giorni fa, dal video del primo singolo estratto che si chiama “Nel bene e nel male”.

In molti si saranno chiesti: ma perché non abbiamo più sentito parlare di Morrywood?

Perché…. Il perché è lungo da raccontare. Negli ultimi due anni sono successe molte cose che mi hanno portato dove sono oggi. Molte cose che non si possono raccontare tanto brevemente, che però è giusto che un po’ si sappiano perché in effetti sono stato molto in “silenzio”.

Prego…

Io venivo da Rapperdimmerda del 2014 con un background rap e hiphop lavorando sempre su delle basi, e dopo un’intervista, in un modo o nell’altro, mi sono ritrovato in uno studio di registrazione con l’idea di spostare le mie cose sul rock, seguito da una band da parte a me per cercare di produrre qualcosa del tipo Imagine Dragons. Abbiamo provato diverse cose nel giro di 2 anni e uscivano molto anni ’90 e, anche se c’erano state varie esperienze di quel genere nella musica italiana negli ultimi anni, non mi di dispiaceva. Poi un bel giorno mi arriva la chiamata da un’azienda musicale molto importante che mi propone la produzione di un mio brano. Perciò in pratica nello stesso momento avevo: un album, una casa di produzione che era (ed è) la Freecom, un lavoro, una etichetta, ed una proposta di produzione con una realtà molto grossa (e anche una relazione stabile).

Fino qui tutto bene!

Si, fino a quando in pochi giorni è crollato tutto. L’azienda importante mi ha comunicato che il pezzo che voleva fare non era uno nuovo ma uno vecchio già editato con l’etichetta che mi stava seguendo e allora dovevo parlargliene. La cosa non piace molto, si va anche sul discorso economico perché i diritti erano i loro e per comprarli i tempi si allungano, si complicano, e il rapporto si logora. Oltre a questo la stessa azienda, una volta avuti i diritti per il pezzo, mi dice che vuole solo me e non la band e allora lo comunico allo studio di registrazione e ciò incrina i rapporti anche con loro. Questo anche con la mia casa di produzione da cui esco per registrare il brano. Alla fine riusciamo a registrarlo, e dopo tutto ciò, dopo solo qualche giorno, mi chiamano e mi dicono che non piace e che non si fa. Ah, oltre a questo la mia relazione stabile è sparita dopo anni, mentre io già pensavo alla convivenza. In pochi giorni non avevo quasi più niente.

Però una cosa era rimasta…

Si, un bando che avevo fatto con la mia casa di produzione, la Freecom. Che infatti un giorno mi chiama e mi dice che lo abbiamo vinto. Allora torno sotto da loro e cominciamo a pensare al lavoro, con una clausola: “fino ad adesso hai sempre registrato nel tuo studio, se vuoi fare questo bando, o decidiamo noi come farlo, o lo studio accetta che ci sia una nostra persona che monitori tutto il lavoro, oppure non se ne fa niente”. Ovviamente la seconda ipotesi è stata bocciata subito e allora io fra il tornare alla situazione di prima con cui non stavo chiudendo niente, ho scelto di andare completamente con la Freecom, anche perché, voglio essere onesto, avevo anche delle rassicurazioni economiche che altri non mi davano. Da lì, tutta una parte di quello che era stato il mio mondo per 2 anni, non ha più voluto sapere nulla di me.

Questa era la premessa! E oggi cosa abbiamo?

Abbiamo il Morrywood 2.0, che anche musicalmente è cambiato (o ricambiato) tanto, in primis sono tornato al mio genere di partenza, al rap e all’hiphop. 

Un lavoro fatto a strettissimo contatto con Freecom…

Si, soprattutto con il direttore artistico Pietro Paletti. Un lavoro che si è unito a quello con Prezbeat, infatti le tracce sono nate da il lavoro di entrambi. Un lavoro che si sta ultimando proprio in questi giorni e che pensiamo esca a fine novembre con l’album intero dal titolo “Da punto a capo”, prima anticipato da un altro singolo oltre a “Nel bene e nel male” uscito l’altro giorno con il video di Massimo Castelli, regista con cui avevo già lavorato insieme ad Alekos. Poi cercherò di non fermarmi e continuare a portare delle cose fuori, in modo più regolare possibile grazie anche all’aiuto di “Super” Francesco Violani della produzione, che mi sta aiutando tanto sui social. Anche perché io col telefono sono negato! Comunque tutta Freedom è da ringraziare, lì ho trovato tante persone oneste e affidabili.

Come è stato lavorare con Paletti e Prezbeat?

Bellissimo perché hanno lavorato in maniera diversa me entrambi egregia. Da un lato c’era Prez che di pop – hiphop – rap sa praticamente tutto e, nel senso buono del termine, di questi generi è veramente un nerd. Invece Paletti è molto diverso. Sul nostro genere non ha i must di chi è cresciuto con quei generi, però ha un orecchio, gusti e soluzioni musicali alternative, che io non avevo mai sentito.

Da quanto ho capito è stato anche un veloce lavoro di scrittura. Quanto tempo c’è voluto?

Tutti i pezzi sono nati tra luglio e agosto. Sei di quelli dell’album sono stati scritti nei bagni della Steriltom durante i turni. Uno sul retro di un saldo bancario ormai sbiadito.

Un ritorno all’hiphop molto personale, giusto?

Giusto. Questo intanto è stato dovuto al fatto che tornare al mio genere iniziale mi ha portato più confidenza perciò ad uno stile che conoscevo già molto bene. Oltre a questo, il valore intimo dei pezzi è molto alto perchè ho scritto cose che non riuscivo a buttare fuori da tanto tempo, come “Da punto a capo”, il pezzo che da’ il titolo a tutto l’album, e che è dedicato a mio padre. Una canzone per cui ci ho messo 25 anni per scriverla, e anche per parlargli direttamente dato che è sempre a Roma e ci vediamo una volta ogni 6-7 mesi. Poi c’è anche qualcosa che mi sono portato dietro dalla premessa iniziale, ma quelle sono solo frecciatine.

Prima hai citato Alekos. Lui e Mikeless non sono collaborazionei che si perderanno…

Assolutamente no. Alekos, quando potrà, sarà con me sul palco per i live che seguiranno l’uscita del disco perché è un rapporto musicale e umano che non può finire e che per me è stato importantissimo: senza le sue indicazioni non sarei arrivato a produrre queste cose. Stessa cosa vale anche per Mikeless che c’è già all’interno del disco, in alcune tracce, con la sua chitarra. Anche lui sarà con me sul palco nei live. Con lui ormai siamo diventati fratelli nella musica, anche se un pezzo lo scrivo io, diventa anche il suo appena cominciamo a provarlo, e questo continuerà anche a Torino.

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Come a Torino?!?

Si, mi trasferisco là fra poco tempo perché sono da 15 anni in campagna e non ne posso più! Voglio andare, o meglio tornare dato che ci sono nato, a Torino per i circuiti musicali che ci sono e che sono sicuramente più grandi di quelli piacentini. Non è per cambiare città, qui a Piacenza sto benissimo e non sarei quello che sono oggi senza gli stimoli arrivati da parte dei ragazzi che qui fanno musica, da Mucci ad Anatema, da Skill a Devil Sola, però là, anche solo suonando per strada posso portare a casa qualcosa che possa essere un introito da unire ad un lavoro vero e proprio. Questo perché comunque vado là per cercarmi un lavoro, poi vediamo se le cose prendono un’altra strada

Perché hai scelto proprio “Da punto a capo” come titolo dell’album oltre del singolo pezzo?

Perché per me significa un po’ il motto della mia vita. Abitavo a Torino e poi mi ritrovo a Campremoldo di sopra. Poi da un giorno all’altro avevo undici produzioni e mi sono ritrovato con niente. Il ripartire da 0 è una cosa che ormai conosco bene. E allora oggi Morrywood è uno che se ti piace, ok, se hai critiche le ascolta, se non ti piace ascolta altro che in giro c’è pieno di cose. Adesso me la prendo molto meno di un tempo su tante cose.

Hai parlato del Morrywood 2.0. E il primo com’era?

Dal lato musicale è quello che ha cominciato a lavorare in uno studio di registrazione fondamentale per l’approccio con la musica, quello che stava inserendo i suoni rock e i toni alti della voce nei propri pezzi, che non voleva sentir parlare di trap e autotune e che ascoltava troppe poche cose e che pensava che fosse come negli anni ’80, che qualcuno ti venisse a prendere e faceva tutto per te. Adesso invece ho scoperto che per la mia musica funzionano i toni bassi, che della trap non avevo capito un cazzo e che l’autotune non mi dispiace, e che tanto lavoro deve farlo l’artista in prima persona. C’è anche un lato personale…

Quello com’era?

Era un Morrywood con tanti blocchi. Ero una persona con tante pare. Quando vedevo sul pc ragazzi molto più giovani di me che producevano pezzi o uscivano con delle loro produzioni, mi sentivo terribilmente vecchio e che non ce la potevo fare. Poi invece vai in giro, ad esempio a Napoli dove ultimamente vado spesso e da cui prendo tanta carica, e ti rendi conto che c’è tanta gente che anche se non è più giovanissima, continue a fare le sue cose, bene e senza problemi. Poi avevo la para di essere uno che parlava tanto e poi non faceva un cazzo. Ero molto bloccato artisticamente e personalmente, molto pigro o imbarazzato, infatti mi sono tenuto molte cose per me che non tiravo fuori. Non mi fidavo degli altri e ho cominciato a farlo solo ora. Adesso invece tante cose sono riuscito a liberarle e quello che si può sentire è uno dei Morrywood più veri che ci siano stati.

Summertime In Jazz