È arrivata “L’Onda” di Mikeless. Un’intervista per presentarvi l’ep

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Era ottobre quando intervistando Morrywood abbiamo scoperto che si sarebbe trasferito con lui a Torino anche un altro artista piacentino con una carriera corposa nel nostro panorama musicale, ovviamente il personaggio in questione è Mikeless.
E allora un paio di giorni fa, appena letto della sua nuova uscita tramite social, un ep di 4 tracce dal titolo “L’onda” che trovate già on line, non abbiamo aspettato un attimo per sentirlo e parlarci di questo nuovo lavoro che passerà per Piacenza il 22 marzo all’Irish.

Come è nata questa “onda”?

Tutto parte dal primo pezzo dell’ep che risale all’epoca dell’alluvione che ha colpito la nostra provincia. Poco dopo c’è stata una serata benefica insieme a tanti altri artisti e per l’occasione avevo scritto questo pezzo, con quel titolo per rappresentare quella tragedia. Col tempo, in particolare nel momento in cui ho ricominciato a lavorarci sopra, in particolare nel dicembre scorso, mi sono reso conto che stavo parlando di tutte quelle cose che succedono nella vita e l’onda rappresenta un po’ quello.

Concept album per scelta o perché è uscito così?

Perché sentivo tutti i pezzi molto legati l’uno con l’altro a livello emozionale. Sono 4 brani che parlano di cose che io ho provato, ma sono scritti perché altri ci si rivedano. Sono brani molto introspettivi, con all’interno emozioni forti e sensazioni molto personali, che parlano del rapporto fra quello che siamo noi e quello che invece gli altri vorremmo che fossimo, cosa vogliamo essere noi e cosa si aspettano gli altri. L’ultimo pezzo poi è ancora più sentito, è quello dedicato a Melody (Castellari. Ndr) per la scomparsa di suo padre, che per tanto tempo solo lei lo aveva ascoltato, e che nel momento in cui ho cominciato a metterci le mani insieme a Morrywood per avere un testo meno diretto e specifico, ho capito che dentro ci avevo messo qualcosa anche per mio nonno, anche lui mancato non troppo tempo prima. Insomma, io già ci vedevo tutto un collegamento in questi pezzi, poi lo abbiamo reso ancora più tale musicalmente.

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Come sei arrivato ad Alkatraz Records?

Ero sempre alla ricerca di booking per avere una mano sulle date e un giorno ho visto questo sito e ho chiamato. Mi ha risposto Max Montanari, siamo stati al telefono un’ora e mezza, abbiamo deciso di trovarci a metà strada, a Bologna dato che lui è di Ravenna, e abbiamo deciso di fare questa cosa insieme. Loro mi sembrano molto affidabili, anche perché avendo avuto a che fare con situazioni di etichette abbastanza grandi, capisci che una realtà indipendente come quella di Alkatraz Records può dare più sicurezza perché non fa grandi promesse. In altre realtà invece, dove cominciano a girare i soldi, trovi subito gente che tira fuori i gomiti.

Cosa vuol dire per te tornare in band e perché adesso…

Già nel disco prima, “Il maniaco”, c’era la band nell’ultima traccia, di conseguenza già prima c’era qualcosa, però adesso è per tutto il lavoro. La motivazione di base è quella semplice dell’avere tanta soddisfazione nel suonare con una band. Anche da solo mi piace evidentemente, ma per questa registrazione ho voluto buttare fuori quelle cose che mi piacciono, quelle legate alle basi grunge e rock, e queste cose escono se sei in band. Poi è stato ancora più soddisfacente perché ho avuto a che fare con musicisti con cui sono entrato subito in un ottimo rapporto.

Sempre su questo, tu adesso abiti a Torino, ma gli artisti con te, sono tutti “nostrani”, si riescono a mettere insieme queste cose?

Una soluzione si trova sempre. Spesso vengo a suonare a Piacenza o almeno vicino, e in quelle occasioni ci si organizza in modo da riuscire a provare, ovviamente non tutte le settimane, ma però ci si riesce.

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È solo un caso che tanti nomi hanno matrice Orzorock?

Ma si, in fondo qua ci si conosce un po’ tutti, non c’è niente di scelto. Anche perché tanti di loro li conoscevo già prima, con Jordi Tagliaferri avevamo già fatto cose insieme, Simone Cavallaro lavorava già con Melody e il collegamento è stato facile. Poi comunque non escludo che ci saranno anche altri musicisti proprio per queste esigenze mie di spostamento, in fondo parto sempre dal presupposto che l’unico che rimarrà sempre, sono io.

Come sta andando insieme a Morrywood a Torino?

Diciamo che per adesso io ho lavorato molto per me, anche se abbiamo fatto un po’ fatica tutti e due, ci è già toccato cambiare casa dopo un paio di mesi nonostante fossimo appena arrivati. Lui in questo momento sta scrivendo molto e sta collaborando con suo cugino che abita qui e che fa beat, però il suo progetto ha bisogno di un po’ di tempo, intanto ce n’è un altro insieme ad Alekos e il sottoscritto, sotto Alastor Records con i beat di PrezBeat. Qui dovrebbe mancare un po’ meno.

E la “Story” di Barbara Garlaschelli?

Nasce da quando sono stato ospitato da lei a Piacenza già qualche anno fa. Per lei ho anche suonato a dei suoi buffet letterari, proprio lì dove scrittori diversi creano in collaborazione dei testi in cui ognuno mette una sua parte. Da quella esperienza è poi nata questa story legata ai pezzi di questo ep. Un testo che non ci sarà in tutte le copie, ma solo nelle prime trenta.

In fondo al tuo post abbiamo visto tanti ringraziamenti, è sintomo di un lavoro particolarmente sofferto?

Lo è sempre in realtà ma questo sinceramente arriva in un momento tosto della mia vita e ci sono dentro veramente molte emozioni e molta voglia di farle venirle fuori. A me il prodotto finale è piaciuto veramente tanto, forse ricanterei già delle cose, ma è già un buon lavoro così sia come scrittura sia come suoni.

Summertime In Jazz