NewRecord: Paola Quagliata ci svela “Jazzin’ Around Baroque”

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In questi giorni esce Jazzin’ Around Baroque. Un ambizioso progetto che cerca di tracciare una linea d’unione tra la musica barocca, ripresa e rivisitata, e il jazz. Il perché di questo disco ce lo racconta  Paola Quagliata, cantante lirica e Jazz di origini napoletane ma ormai piacentina a tutti gli effetti, e vulcanica mente di questo progetto.

Paola, perché unire due mondi così lontani?
A dire il vero non lo sono poi così tanto! Miles Davis, grande jazzista, così come Ottavio Dantone, grande clavicembalista e conoscitore della musica barocca (il disco si apre con la sua presentazione n.d.r.), sembra che parlino all’unisono quando descrivono la musica :”non suonare ciò che è scritto ma quello che non lo è” diceva Miles; “il musicista barocco, suona ciò che non è scritto” dice Dantone. Jazz e Barocco non sono poi così lontani!

La creazione di questo disco com’è avvenuta?
Ogni cosa va ben ponderata. In questo caso ci abbiamo pensato per diversi anni. Io ho cominciato a proporre a due ottimi musicisti jazz con i quali collaboro (Luca Garlaschelli-contrabbasso e Davide Corini-pianoforte) la rivisitazione di alcuni brani che hanno fatto da start-up del progetto. Poi…. C’è stata l’illuminazione sulla strada di Damasco!

Scusa?
Mi trovavo ad ascoltare il concerto di Bill Frisell nel festival jazz del 2013 e, dalle ultime file mi arrivava il suono di questa batteria che possedeva un timing, un ritmo, un suono da brividi e dentro di me dicevo: questo è il vero suono che vorrei nel disco che ho in testa.”

Di chi stiamo parlando?
Si tratta di Rudy Roystan, col quale mi sono poi soffermata a parlare dopo il concerto. Sembra un caso ma sembrava che alcuni nostri progetti musicali avessero molta affinità

Quindi lo hai subito assoldato!
Non proprio! È passato più di un anno prima che lo risentissi. Nel frattempo, insieme a Luca e Davide, abbiamo consolidato il repertorio, suonando al Monteverdi Festival di Cremona, a New York nel dicembre del 2014 sia all’Istituto di Cultura Italiana, ma anche in diversi locali. Durante questa permanenza a New York, abbiamo registrato un primo demo. Giusto in questo periodo mi sono rifatta viva con Roystan e finalmente nell’ottobre 2015 abbiamo registrato il disco approfittando di una tournée in Italia di Rudy con Dave Douglas.

Le mie informazioni mi dicono che oltre a questo disco la collaborazione con Rudy Roystan ti ha portata ancora a New York.
Succedono anche queste bellissime cose! Nel dicembre 2015, sono ritornata a New York per suonare insieme a lui, Bruce Barth, al piano (che fra le altre cose è pianista, del grande Tony Bennet) e Joseph Lepore al contrabbasso. Abbiamo suonato al Shapeshifter Lab di Brooklyn e al “12th Night Festival”  Festival di Musica Antica di NYC che quest’anno si chiamava Time’s Arrow titolo emblematico di un festival che unisce l’Antico e il Contemporaneo.

Torniamo al disco. Quali brani avete scelto?
Filo conduttore è stato il “piacere”. Alcune di queste perché mi piacciono molto come ad esempio “il lamento di Didone” di Purcell oppure “lascia che io pianga” di Heldel. Altre sono state inserite per riconciliarmi con loro. Le avevo studiate al conservatorio e non mi piacevano molto. Le ho ripescate e ho fatto pace con loro cantandole con un approccio diverso.

Adesso parte la promozione, cosa avete in programma?
Il disco fisico, uscito anche grazie alla collaborazione con Piacenza Musica di Matteo Magni, lo avremo in mano nella settimana di Pasqua ma sarà prevista anche anche la diffusione in digitale. Per quanto riguarda i concerti, sul breve periodo stiamo pensando ad alcune situazioni per la sua presentazione, nel medio-lungo periodo, alcune importanti date all’istituto Italiano della cultura di Copenhagen (maggio 2016), ma soprattutto a giugno con concerti a New York e Baltimora.

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