Paolo Belli: la Musica è la mia luce! Sia lodata la Musica

361

La musica è la mia luce! È davvero la prima cosa che Paolo Belli ci dice in questa intervista.

“Frequentavo una scuola di musica già a  5 anni, una passione viscerale, componevo anche, ma la vera illuminazione è stata qualche anno più tardi guardando  il film “The Blues Brothers”. mi ha ‘fatto vedere la luce’ al pari di John Belushi nel film!”.
“Stavo studiando Jazz, ma quella musica che ho ascoltato mi è entrata direttamente nell’anima. Percepire anche che il mio stile di vita, la mia voce, erano in perfetta sintonia con essa, è stata una folgorazione dalla quale….. non mi sono più ripreso!”. “E’ come sentire che questo è davvero il vestito perfetto che un sarto poteva cucire unicamente per te” .

Ma dal dire al fare la strada è tanta immagino, soprattutto nella difficoltà di cercare di portare avanti un genere che non è propriamente commerciale dalle nostre parti!

Innanzitutto bisogna studiare, e anche tanto. Senza questo non si va da nessuna parte. Studiare musica vuol anche dire approfondire altri generi musicali con i quali contaminare la tua musica: elettro-swing, Dj ecc. E’ vero, questo genere musicale non è propriamente commerciale, ma qui si innesta un altro piccolo miracolo che mi fa sempre esclamare “Sia lodata la musica!” Perché essa fa in modo che la gente percepisca veramente se stai bluffando oppure no. Non ci sono filtri. Lo studio che hai alle spalle, la gavetta che hai fatto, la tua sincerità viene immediatamente percepita. Vado molto orgoglioso di quello che Stefano Disegni un giorno mi disse: “Il tuo essere sincero è quello che ti fa essere veramente alternativo e trasgressivo e di questo la gente se ne accorge!”

[[{“type”:”media”,”view_mode”:”media_large”,”fid”:”4785″,”attributes”:{“alt”:””,”class”:”media-image”,”height”:”332″,”style”:”float: left; margin: 5px;”,”typeof”:”foaf:Image”,”width”:”213″}}]]La tua musica va di pari passo con la tua Big Band

Aver creato una Big Band potrebbe sembrare un atto di pura incoscienza. In un ambito dove la “torta” da dividere si fa sempre più piccola una big band pone tanti limiti. Ma offre tantissimi privilegi che li sovrastano. La portata del suono di una big band e il suo impatto su di me e sul pubblico, è impareggiabile. Il fatto che non  solo siamo dei musicisti che si trovano per suonare,  ma formiamo quasi una famiglia è altrettanto importante. Ma c’è anche la disponibilità di tutti a proporre nuove cose per migliorarci, sostenendoci  sul palco per vivere ogni concerto come un nostro divertimento, fatto con professionalità ma con leggerezze. Ecco, queste sono le cose che mi fanno percepire che tenere una “big band” è un privilegio e non un limite. Siamo anche confortati e gratificati dal successo: riuscire fare 50 concerti in un anno non è cosa da poco!

Hai lavorato con musicisti incredibili: Sam Moore, Dan Aykroyd, ma anche Billy Preston ed Enzo Jannacci qual è stato il tuo rapporto con loro?

Anche qui ritorno allo stesso concetto: è la musica che unisce il tutto. Prendi ad esempio Dan Aykroyd. Stavo lavorando con Sam Moore ed è stato lui che ha parlato ad Aykroyd di me, Perché? Ho saputo in seguito che trovava nella mia musica qualcosa di bello, di singolare che lo coinvolgeva. Fu lo stesso Aykroyd, poi a chiamarmi, attraverso Fabio Fazio. A chiedere di me per “Blues Brother 2000”. Mi sembrava il classico pesce d’aprile, che però è diventato realtà e abbiamo suonato e cantato  insieme. Non unicamente per il solo pezzo che era in programma, ma l’empatia musicale ci ha portato a suonare insieme per tutta la durata del concerto. Ho saputo, in seguito che Aykroyd in un’intervista parlò di me come “del cantante italiano che gli ha fatto rivivere le stesse emozioni di quando cantava con John Belushi”. Stesso discorso con Enzo Jannacci, del quale ero fan sfegatato, quasi uno stolker. Gli chiesi: “ma come mai hai pensato a me?” Lui mi disse che la mia musica gli arrivava diretta, che la sentiva come sua. Dietro questo miracolo che la musica produce però ci sta il fatto che devi farti trovare pronto. Che non devi lesinare nello studio e nella preparazione. Come vedi ritorno sempre qua!

Oltre ad essere musicista sei anche presentatore, come riesci a districarti in questi due ruoli che viaggiano su binari simili ma hanno caratteristiche diverse?

Su questa strada mi ha condotto Panariello, che, spettatore di un mio concerto, ha notato una peculiarità propria dei concerti: l’aspetto di intrattenimento abbinato alla parte musicale. Mi portò con lui. Poi ci sono state altre opportunità fra cui quella con Milly Carlucci, quella che considero la professoressa dello spettacolo per la sua professionalità.
C’è comunque anche un impegno verso la mia Big Band. Lo strizzare l’occhio al mondo televisivo la fa di certo sopravvivere meglio. Ma nel nostro piccolo, siamo sempre riusciti a portare il nostro modo di fare musica, così particolare, nei classici spettacoli del sabato sera che hanno caratteristiche ben precise dovute al target degli spettatori a cui sono rivolti, e di questo ne siamo orgogliosi.

Qualche tuo sogno nel cassetto e qualche suggerimento per giovani musicisti ce lo fornisci?
Sogni nel cassetto? Che vada così come è andata fino ad ora! Sono un privilegiato. Trent’anni fa mi dicevo che se avessi visto verificarsi alcuni sogni potevo ritenermi soddisfatto e che potevo accontentarmi di un 6 su 10 nella scala della gratificazione. Posso dire che non solo sono a 10 in questa scala, ma tantissimo di più, a 1000. Per i consigli, ribadisco lo studio e la gavetta, a cominciare dalle feste parrocchiali o dai matrimoni se necessario. Dopo ci sono altre possibilità fra cui anche i talents verso i quali non ho giudizi negativi. Rappresentano una possibilità. Ma prima uno deve essere sicuro dei propri mezzi altrimenti sfuma tutto in un attimo.

Fai parte e hai fondato associazioni che si dedicano alla solidarietà. Come  riesci a districarti tra i giudizi positivi di chi vede in te un esempio e chi, malignamente, insinua un interesse  pubblicitario?

Non sono mai stato un grande studente se non di musica. Davanti ad una cosa mi sono sempre detto “Alza il culo e datti da fare!” E’ questo modo di fare, ad esempio, che mi ha spinto, all’epoca della guerra in Yugoslavia, a creare l’associazione “Rock no War” che si poneva il primo scopo di sostenere un ospedale pediatrico oncologico a Novi Sad, cittadina gemellata con Modena. Insieme ad un altro musicista abbiamo organizzato un concerto, con il ricavato abbiamo comprato medicine e le abbiamo portate noi, io e lui, con un furgone direttamente in ospedale. E’ questa la differenza, non solo sostegno ma impegno concreto e vissuto in prima persona. La gente lo vede!

Una bellissima intervista, quella che ci ha concesso Paolo Belli. Non scontata ne banale, nella quale abbiamo percepito una sincera voglia di raccontarsi senza enfasi ma aprendosi con la spontaneità di chi è “naturalmente sincero”.

L’appuntamento è in Piazza Cavalli Sabato 6 febbraio alle ore 17, ne vale la pena, non mancate!

Summertime In Jazz