Domenica si chiude l’epoca Giardini Sonori nata nel 2006. Ecco i messaggi di chi suonerà al closing party

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Jazz

Domenica sera si chiude un’epoca, quella dei Giardini Sonori che abbiamo conosciuto grazie alla gestione di Airbag e 29100, in questi ultimi 12 anni. Dodici anni (tecnicamente si chiuderanno a luglio. Ndr) che hanno cambiato il panorama musicale piacentino perché dal 2006 ad oggi la “cavalla” è stata incubatrice non solo di band, album e canzoni, ma anche di idee, proposte e progetti. Lontano da noi voler far un pippone su quello sono stati questi anni, abbiamo pensato di chiedere a chi sarà, ed è stato in questi anni, protagonista dell’ultima festa di questo ciclo, che si chiuderà ufficialmente a luglio, un pensiero di qualsiasi natura sui Giardini Sonori.

Non sapendo quale sarà la line up di domenica, sappiamo solo che si parte alle 17, andiamo in rigoroso ordine alfabetico, partiamo con loro: Bravi Tutti.
“Giardini sonori per noi è come il reparto maternità delle band piacentine. Noi siamo nati lì e abbiamo visto tanti nascere lì. In questo calo demografico dei ragazzi che si ritrovano a fare musica è stato l’unico punto di riferimento per la città e ci auguriamo con tutto il cuore che ci sia sempre bisogno di sale parto musicali”
“Noi lì abbiamo registrato i nostri dischi e abbiamo praticamente fatto tutto, io in particolare – parla il Suzza – sono molto dispiaciuto perché sono stato anche operatore e praticamente ero sempre lì, e ho visto nascere e sfaldarsi tanti gruppi, e ho potuto conoscere persone che ho imparato ad apprezzare e che stimo tantissimo”.

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Si passa alla “D” partendo da DabassCrew.

“Prima di qualunque cosa per me e la Dabasscrew, i Giardini Sonori sono un luogo di amici, di persone con cui abbiamo sviluppato iniziative culturali, mostre, concerti, sperimentazioni sonore, dj set. Andare ai Giardini e vedere i propri quadri appesi, parlare di cultura e socialità, condividere i saperi, ma soprattutto la contaminazione, la voglia di ascoltarsi, abbattere le barriere e mettersi a disposizione per un unico obiettivo, rendere la città più viva e stimolante e proporre cultura. Dai primi Amano, alle mie esposizioni, fino ad A.F.A. Ci siamo sempre trovati a casa, condividendo con amici un’idea comune di comunicazione, attraverso la musica in primis, ma anche sviluppando un percorso culturale a 360 gradi. I Giardini erano veramente a disposizione dei ragazzi nella gestione delle sale prove allo sviluppo d’iniziative culturali e nella professionalità sempre a disposizione di chi la richiedeva. Non so cosa verrà dopo tutto questo, sicuramente so cosa perdiamo, e credo che gestioni di questo tipo dovrebbero essere premiate ed esportate. Per questo domenica Dabasscrew sarà presente ancora una volta, per far ballare e pensare da 20 vent’anni”.

Poi i Delates

“Per noi i Giardini Sonori sono stati un po’ come una casa pronta ad accoglierci quando volevamo rifugiarci nel nostro mondo, in un ambiente che sapeva tanto di musica e cultura, anche dal sapore estero, ma soprattutto “nostrano”. Mai convenzionale, mai deludente, mai noioso… Giardini Sonori come un’oasi nel deserto”.

Togliendo per comodità il “The”, e siamo ai Ferrets:

“La Cavallerizza ha rappresentato per un’intera generazione lo spazio vita per coloro che desideravano imbracciare uno strumento e potersi sentire libero di poter sfogare la propria passione per la musica. Dover scrivere al passato della “Cavalla” fa molto male al cuore perché, per chi come noi ha vissuto questo spazio da quando aprì fino ad oggi, ha rappresentato tutte quelle speranze che un giovane appassionato di musica poteva desiderare, un luogo dove poter suonare liberamente, comporre i primi pezzi, parlare e confrontarsi con altri musicisti chiedendo consigli su nuovi gruppi da scoprire o quali marchi di apparecchiature fossero più adatti a te che eri un giovane sbarbatello con la maglia dei Ramones. Ora che siamo cresciuti con il mito della Cavallerizza come se fossa una seconda casa, un luogo che ti riparava da ogni problema, ti coccolava con tante birre e tanti watt nella testa, purtroppo ci troviamo di fronte al fatto che questo posto rischia di non esserci più e con un nodo alla gola non ci resta che dirgli addio come tutti noi sappiamo fare: musica suonata a tutto volume con chitarre scordate e carichi di entusiasmo come solo la cavallerizza ti ha saputo dare. Ciao”.

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Le Sacerdotesse dell’isola del piacere con le parole del front man Fabrizio Lusitani ed un vero e proprio comunicato stampa:

se i giardini sonori vanno scomparendo
se le sacerdotesse dell’isola del piacere vanno scomparendo
per il mondo è poca cosa ma dentro di noi è un mondo 

abbiamo provato tanto tanto tanto tanto tanto tanto tanto
e abbiamo sia raggiunto e sia fallito il nostro intento

qual era il nostro intento non lo sapevamo
più che un intento seguivamo un istinto
un caro istinto
(un caro estinto che ci proteggeva come un santino)
una musica interiore per una sala prove interiore
e senza una sala prove interiore non ce n’è una esteriore

smettere di suonare significa girare il coltello nella piaga della malinconia

la mia musica è una metafora fossile
la sala prove era la sala prove della mia letteratura interiore
ero un balbuziente che pronunciava idee cantando

la nostra giovinezza è stata giovane e vecchia
la nostra musica è stata giovane e vecchia

chiude un’era di prove e apre un’era di prove
chiude un’era di nostri sogni
(chiude un’era di nostri desideri rimossi e poi sognati la notte)
sono arrivato infatti a sognare canzoni
canzoni già inventate e canzoni da inventare
le ho ascoltate nel dormiveglia del nostro delirio di grandezza
(nella nostra testa, ricordo, suonava un’orchestra enorme)

mi sono spaccato i timpani cercando di comunicare
(gridando per comunicare)
io sono diventato sordo
le mie orecchie erano di cera

in un futuro in cui non credo si intravvede un po’ di ricrescita
nei lunghi capelli della giovinezza

in un futuro che non vedo provare e riprovare e suonare
saranno il nettare e l’ambrosia di altre sacerdotesse
o di sacerdoti del piacere
ci saranno sale iniziatiche di musica del piacere

non c’è bisogno di sale per provare a condire la musica di oggi
la musica si è fusa con tutto ed è diventata tutto
(quindi, come tutti sanno, niente)
è sparita completamente dentro a un triste futuro di sabbia

impossibilitati ad arginare la sabbia e il futuro di tutta questa malinconia
altre sale e altre prove dovremo cercare e trovare
chiudere le porte della concretezza o dell’inconsistenza di certe ispirazioni
aprire porte ancor più barocche o del tutto diverse o del tutto uguali
porte antiche e moderne
per le nostre vite ogni giorno un po’ più antiche
(irrimediabilmente e felicemente)

praticare l’arte può portare a qualsiasi risultato
ha sempre portato a risultati diametralmente opposti
(per questo ci sono sempre volute così tante prove)

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Alla “L” anche l’opposto di Lusitani, i sinteticissimi Lawyer Beaters:

“Abbiamo speso 30.000 in 10 anni e bevuto 75000 birre. Vi odio”.

Poi i Lesima ed in particolare Federico Pagani.

“È la fine di un’era. È il tempo che passa, che fino a quando ci sei dentro, quando hai ancora 20 anni, pensi che non arriverà mai quel giorno e invece poi arriva. Le cose sono cresciute con noi di pari passo. Io avevo 23 anni e sono arrivato dopo un anno circa dalla sua apertura cominciando a fare i primi turni con tanta ingenuità, un po’ di arroganza e tante belle speranze, con l’idea di cambiare tante cose, di cambiare la storia della città e possiamo anche dire che un po’ è stato fatto, ma nel mentre è cambiato il mondo attorno. In questi anni sono cambiate tante cose e anche i Giardini come sono nati all’epoca, arrivati nel 2018 hanno bisogno di un rinnovamento nella struttura e anche dell’impostazione perché siamo un po’ alla fine di un ciclo. Oggi le chitarre sono passate di moda e i ragazzini ascoltano la trap e i djset e le chitarre sono un po’ passate di moda. Bisognerà trovare un modo che questi ragazzi entrino con le loro cose, ma che allo stesso tempo abbiano la possibilità di tornare a fare quello che facevamo noi. Personalmente è una parte della mia vita che se ne va e ancora non me ne rendo bene conto, forse succederà nel momento in cui mi verranno ritirate le chiavi e a quel punto mi sentirò come quando vedi passare per strada la tua ex morosa. In chiusura non posso dire che tutte le cose che sono successe in questi anni, sono da ricondurre al genio e sregolatezza di Nicola (Curtarelli. Ndr), che nel tempo, per queste cose, si è dimostrato un visionario portando in questi anni tante cose diverse e infatti se ne sono viste di tutti i colori. Ci sarebbe da scriverci un libro”.

Quasi in chiusura i Philip and the marmalade.

“Sembra scontato ma i Giardini sonori per noi stati davvero come una seconda casa. Abbiamo cominciato a suonare nel 2006 esattamente quando hanno aperto la sala prove, registrato 4 dischi e visto come la struttura è cambiata nel tempo. Ci abbiamo passato veramente tanto tempo e sicuramente è un posto che ci ha tenuto compagnia in anni dove la città non era troppo viva. È un dispiacere enorme che chiuda, soprattutto per i ragazzi più giovani perché la diffusione della cultura, anche musicale, è imprescindibile nella formazione di un ragazzo. Speriamo che prima o poi chi di dovere se ne renda conto”.

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In ultimo abbiamo lasciato quello che è stato il perno centrale di questi 12 anni: Nicola Curtarelli.

“Giardini Sonori è’ stato per la nostra associazione il centro nevralgico attorno alla quale sono ruotate e nate le idee che hanno portato allo sviluppo delle iniziative ed attività dei nostri ultimi 12 anni. Dal coordinamento di 10 edizioni del Tendenze Festival, alla definizione della tanto chiacchierata programmazione estiva di Spazio4 dal 2008 al 2013 fino alla nascita del primo A/mano Market. Sicuramente la gestione di Giardini Sonori ha rappresentato l’avventura più responsabilizzante. Nel 2006 quando ci fu il primo affidamento, capimmo subito che per 29100 l’asticella si era alzata. Avevamo la nostra “Factory” ma tanto lavoro in più, burocrazia, scadenze, fideiussioni e gravosi impegni economici sulle spalle. Ma posso solo dire a chi verrà dopo di noi di non spaventarsi perché ne vale davvero la pena e gli anni passati qua dentro rimarranno per sempre indimenticabili. Sono e siamo fieri di aver costruito qualcosa per la città che speriamo possa essere un punto di riferimento per i musicisti e per la cultura più in generale, ancora per tanti e tanti anni”.

Da parte di Piacenza Music Pride: grazie di tutto.

Summertime In Jazz